Turismo: quanto contano la programmazione e, soprattutto, gli eventi.

La vita di una località turistica che tale intende presentarsi sul mercato turistico regionale, nazionale e perché no, internazionale, ruota intorno a delle peculiarità che sono senza dubbio legate ai propri attrattori e alle proprie risorse turistiche, ma sono anche legate alla propria capacità di organizzarsi e di offrire qualcosa che attiri flussi turistici anche senza grandi risorse.
Ne sono un esempio storico la riviera romagnola che, pur non avendo il miglior mare del mondo (e nient’altro), è riuscita negli anni passati a divenire meta di turismo di massa grazie a degli interventi mirati sugli eventi e all’organizzazione di una particolare offerta turistica, creando tutto dal nulla.

Ne sono un esempio località come Melpignano che intorno alla Taranta ha costruito un impero.
Sono esempi che evidenziano come non si possa decidere di diventare meta di vero turismo (quello che dorme, mangia, beve e entra nei musei) con uno schiocco di dita che dall’oggi al domani porta a migliaia di presenze annue.
I risultati li si ottengono nel tempo attraverso una parola molto difficile da comprendere e inculcare nelle amministrazioni che gestiscono i nostri comuni: la programmazione.
Se Gallipoli, Salerno, la Puglia e altre località, prima erano inesistenti sul panorama turistico nazionale ed internazionale ed oggi sono rinomate località turistiche, è perché lo hanno deciso 10 anni fa e 10 anni fa hanno programmato tutte le azioni necessarie affinché oggi potessero essere quello che sono. 
I turisti lì non sono caduti dal cielo.

Hanno fatto una cosa che in Campania e in Irpinia, ma sopratutto a Caposele ancora non abbiamo compreso bene: hanno stabilito un obiettivo a lungo termine e perseguito lo stesso nel tempo definendo, anno per anno, gli step intermedi da raggiungere a piccoli passi.

L’Irpinia ancora non li ha definiti questi obiettivi, ancora non ha scelto i suoi step. E’ andata all’Expo ma tra 10 anni non sappiamo che cosa vogliamo essere: vino, enogastronomia, ambiente, montagna, castelli, sport, sagre?
Io non lo so e sono certo che non lo sa nessuno e non lo sanno i nostri amministratori.
La parola programmazione è una sconosciuta, non la si conosce nella scelta degli eventi e nella calendarizzazione degli stessi. I nostri calendari estivi si presentano sul panorama dell’offerta turistica nazionale, se va bene, nel mese di giugno: quando la maggior parte dei vacanzieri ha già scelto dove andare in vacanza.
Quanti programmano una vacanza, un weekend in un luogo non conoscendone gli eventi, o almeno gli eventi di maggior richiamo?
Quanti scelgono delle località il cui manifesto estivo esce il primo agosto e che non viene promosso in alcun modo? Ve lo dico io: nessuno.

Gli eventi sono importanti e utili solo se utilizzati come strumenti di richiamo e come elemento per portare a conoscenza di un certo target di persone una determinata località e attrattori, altrimenti sconosciuti. Devono essere specchietti per le allodole che attirano persone in un luogo per farglielo scoprire.
E’ per questo motivo che gli eventi vanno programmati, selezionati, potenziati e scelti in base alle esigenze turistiche che la località ha in mente. Altrimenti sono interventi spot volti a consumare denaro pubblico e ad accontentare l’amico insieme alla piazza per quell’estate.
Bisogna dunque fare una scelta anche nella costruzione degli eventi: si fa o non si fa turismo. Se lo si vuole fare gli eventi vanno agevolati, gli orari prolungati e le eccellenze premiate, anche a discapito di qualche ora di sonno e di un po’ di disagio per l’abitante locale.
D’altronde la convivenza tra l’abitante e il turista non è mai stata facile perché sono due categorie che hanno delle esigenze differenti, ma se si sostiene che si vuole fare turismo in certe località sono necessarie scelte dolorose per gli abitanti, a discapito di qualche voto ma a vantaggio di un’economia e di un progetto che altrimenti turistico non è.

Forza e coraggio, prendiamo queste decisioni, programmiamo questo futuro. 
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