Guida turistica

Riformata la professione delle guide turistiche. Ma le aree interne con poco turismo come fanno?

Da poco è arrivata all’approvazione della Camera la nuova, e tanto attesa, riforma della professione delle guide turistiche (qui il testo).
Finalmente, è cosa buona.
Finalmente la legge prevede l’indizione di un esame annuale, una maggiore tutela dei professionisti e maggiore attenzione alla lotta all’abusivismo diffuso.

Finalmente si, ma avrei voluto leggere anche qualche elemento utile per lo sviluppo delle aree dove il turismo è poco e dove l’esercizio di questa professione non è conveniente, dove magari il turismo si vuole far crescere e non ci sono ancora grandi numeri (come ad esempio l’Alta Irpinia).

All’art. 3 comma 2 della Legge si prevede anche che “Non sono richiesti i requisiti di cui al comma 1 del presente articolo per l’esercizio della professione su base temporanea e occasionale ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera a). I medesimi requisiti non sono richiesti nel caso di aperture straordinarie, organizzate da persone giuridiche ed enti del Terzo settore, di siti non qualificabili come istituti o luoghi di cultura per le visite svolte senza l’ausilio di guide turistiche, per le quali sia esclusa qualsiasi forma di pagamento o di iscrizione. Tali aperture straordinarie possono essere autorizzate dal Atti Parlamentari — 3 — Camera dei Deputati XIX LEGISLATURA A.C. 1556 Ministero del turismo, previa presentazione, non oltre trenta giorni prima, di un’istanza da parte dell’interessato”. Con un piccolo spiraglio per luoghi poco turistici aperti straordinariamente.

In ogni caso non vedo nulla che attenzioni una problematica per il settore: soprattutto nelle aree interne, dove i professionisti mancano e dove spesso essi non hanno interesse economico ad esserci per via dei piccoli numeri.
Possibili soluzioni alternative per aiutare ad avere gente preparata ad accogliere i turisti ne abbiamo? In questa legge no.

Nel settore turistico si chiede sempre più professionalità e si richiama sempre più alla professionalità, oltre che al rispetto delle regole. Sono pienamente d’accordo.
L’unico modo per crescere nel settore infatti è quello di affidarsi a persone preparate con le competenze giuste, oltre che retribuirle adeguatamente riconoscendo i titoli ottenuti e l’esperienza professionale acquisita nel tempo.

E tutto ciò è lecito, vero e assolutamente condivisibile dove i turisti ci sono e dove il turismo è l’economia trainante: gli abusivi vanno combattuti.

Mi riferisco a guide, accompagnatori e “organizzatori dei viaggi della domenica” che operano nel settore senza alcun titolo e senza alcuna autorizzazione.
In queste aree i non autorizzati sono dannosi perché mostrano approssimazione, non professionalità e sicuramente non pagano le tasse. Danneggiano l’economia e rubano il lavoro a chi, giustamente, ha studiato e reclama diritti, a prezzi stabiliti per legge e giusti per quelle aree (es. Pompei, Napoli, Roma, Firenze, ecc.). Qui servono loro.

Ma mi chiedo: nei luoghi in cui i turisti non ci sono o sono pochi come si fa? Questa legge cosa prevede in merito? Come aiuta le aree con pochi turisti ad avere professionisti in tal senso?
Ad esempio in molte aree interne dell’Italia (parlo soprattutto di luoghi dove le presenze sono basse e i pernottamenti quasi inesistenti, come le aree SNAI – es. sempre l’Alta Irpinia -) che vogliono provare ad investire nel settore aumentando e garantendo servizi come facciamo?

Mi spiego meglio: i professionisti del settore per questioni economiche vanno soprattutto dove i turisti sono presenti, dove trovano domanda e riescono a guadagnarsi lo stipendio. Chiaramente.
Ma in Alta Irpinia, ad esempio, come si fa? I professionisti, per i bassi numeri, non hanno nessun interesse a garantire servizi e presenza e, allo stesso tempo, se si vuole provare ad avere delle visite guidate c’è bisogno di loro, se vogliamo accompagnare un gruppo anche.
Ma loro molto probabilmente non verrebbero: non gli conviene.
Inoltre i territori non possono garantire le cifre alte previste dai tariffari, perché i numeri sono ancora bassi, non sarebbe possibile retribuirli nel modo giusto, a volte non sarebbe possibile retribuirli.

Il classico cane che si morde la coda.

La soluzione allora provo a proporla io, e la propongo ai senatori che possono cambiare ancora qualcosa: scatenerò il putiferio tra le guide e gli accompagnatori ma qualcuno deve pur fare e dire qualcosa.

Sappiamo tutti che la competenza nel settore turismo è una questione regionale (almeno fino all’entrata in vigore di questa legge), che è regolamentata e gestita diversamente da ogni regione: ciò vale quindi, anche per le professioni turistiche per eccellenza (Guida Turistica, Accompagnatore Turistico e Direttore Tecnico di Agenzia di Viaggio) e per tutte le altre.
Per poter esercitare queste 3 professioni è necessario superare un esame regionale/nazionale e ottenere l’abilitazione, oltre che iscriversi ufficialmente nei rispettivi elenchi professionali.
Spesso questo esame è difficilissimo e i bandi per abilitarsi sono molto rari.
In tal senso le liberalizzazioni del buon Pierluigi Bersani hanno fatto molto, dando la possibilità a tanti laureati vicini alle materie turistiche di ottenere queste abilitazioni in modo quasi automatico (ad esempio i laureati in Scienze del Turismo ad Indirizzo Manageriale possono ottenere il patentino di Accompagnatore Turistico senza sostenere esami), ma molto c’è ancora da fare.

In ogni caso, tornando alla domanda originaria: come aiutiamo le aree interne senza o con pochi turisti ad avere dei servizi offerti da parte di persone abilitate con professionalità?

La risposta sta in un concetto un po’ discriminatorio ma, a mio avviso, efficace a risolvere molte problematiche di piccoli Comuni, Proloco, Associazioni e altri attori che provano con fatica a “offrire servizi turistici” nelle aree interne.
Ci vogliono abilitazioni professionali di livello diverso.
Ritengo infatti assolutamente utile riuscire a costruire una norma che, da un lato aiuti i giovani e gli appassionati ad avvicinarsi al mondo del turismo nelle aree interne e, dall’altro, fornisca uno strumento che permetta ai Comuni con scarse presenze di garantire la presenza di alcuni servizi necessari allo sviluppo del turismo.
Dovremmo dare la possibilità di acquisire un’abilitazione professionale di secondo livello valevole sono in determinate aree, magari stabilendole in base alle presenze turistiche.

Semplicemente: fai un esame più facile di quello previsto, diventi una guida turistica/accompagnatore/direttore di II livello, e puoi operare solo nei comuni delle aree interne con un numero di presenze turistiche inferiore a 5.000 (o altro numero) all’anno a tariffe più ragionevoli per queste zone, che turistiche non sono ancora.

Vuoi lavorare in un’area con presenze turistiche superiori? Fai l’esame di abilitazione normale.
Ovviamente la guida di livello I potrà operare nelle aree di competenza delle guide di livello II, ma non viceversa.
In un colpo solo risolveremmo il problema dei servizi turistici nelle aree interne, daremmo nuove opportunità ai giovani e combatteremmo l’abusivismo diffuso sul tema.

Non mi pare assurdo.

Ora, guide turistiche e accompagnatori turistici massacratemi pure. Ma il problema rimane.
Mi aspetto soluzioni anche da voi, dal Governo e dalle Regioni.
La mia l’ho detta, e forse è anche una buona idea.

 

P.s. specifico che sono abilitato alla professione di accompagnatore turistico (n. 477 albo Regione Campania) e direttore tecnico di agenzia di viaggio.

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