pubblicato su Selacapo.net
Ritorniamo alla nostra amata Irpinia, cercando di ingoiare una pillola digeribile che possa permetterci di vivere fino alla prossima destinazione europea.
In Irpinia ci entriamo da ovest… oggi non a caso. Al confine con la Provincia di Salerno nel borgo di Quaglietta, in un mosaico di case appiccicato ad una roccia, baluardo dell’Alta Irpinia ben visibile da ogni angolo tu lo voglia ammirare. Il borgo e il suo mistero ti rapiscono infatti da lontano, mentre tranquillamente viaggi verso l’interno est irpino o verso l’ampio ovest, su una strada a scorrimento veloce.
Un borgo nato per proteggere, apparentemente inespugnabile, che noi violeremo ripercorrendone tutte le varie tessere dei mosaico che l’uomo ha composto nei secoli per crearlo.
Le tessere sembrano estremamente instabili, con alla base una fonte d’acqua dalla quale Quaglietta prende il nome, e sono poggiate su una roccia che attraversata da la sensazione di immergersi nella fonte sottostante e uscirne differenti, quasi avesse proprietà miracolose. Sono incastonate da ingegneri del tempo in modo irregolare, guidati solo dalla legge fisica della sopravvivenza che quella fortezza assicurava.
All’ingresso ti senti già coperto di case, le tessere del mosaico appunto, che dopo aver attraversato una stradina che ti porta all’ingresso non immagini che possano essere così maestose. La perfezione degli ingegneri del tempo è evidente da questa nuova prospettiva.
Lo stemma del paesello ti accoglie e ti invita ad entrare, bianco e innocente sotto un porticato in pietre. Una quaglia, che non è l’origine del nome del paese (è semplice l’analogia), è lì a terra a cinguettare consigliando che tutto sommato puoi affrontare il viaggio nel tempo con molta serenità. Le tre torri presenti inoltre contribuiscono a creare aspettativa.
Dopo averle viste sei pronto ad entrare nel Medioevo. A cercare di espugnare la fortezza difesa da chissà cosa, e che difendeva chissà cosa.
Inizia la tua personale scalata alla torre che si dice sia protetta da un serpente… che probabilmente non c’è, ma che una leggenda ci racconta abbeverarsi allungandosi dalla cima del borgo fino alla fonte d’acqua vicina del Cantariello.
Prova a salire e forse alla fine il serpente ti farà entrare…
Mentre risali le stradine rivivi i tempi rosei che furono del borgo, quando macellai e fornai coloravano di odori quei vicoli, quando urla di bambini riempivano le piccole piazze e anziane affacciate ai balconi preparavano ravioli allo zenzifero. Vicoli oggi preda solo di sensazioni da riportare alla luce durante un giorno di riscoperta della storia.
Il serpente non scende a rovinarvi la giornata e si gode, dall’alto della torre vegliando sempre sul tuo cammino, la tua ammirazione nel contemplare il suo mondo.
A metà strada riesci a rivedere elementi dei padroni che furono, archi maestosi sovrastati da stemmi che sembrano voler ancora rivendicare il potere di un tempo, ma che ormai la storia ci ha consegnati sbiaditi e degni solo di pochi sguardi ammirati. Ad attirare la tua attenzione è la cima della torre, alta 8 metri e così piccola da lontano. Dove forse ti attende qualcuno o qualcosa.
La scoperta della cima è faticosa, ma l’entrata nella parte nobile del borgo ripaga della fatica: cuori scolpiti nella roccia parlano d’amori vissuti, maestose mura di prigionieri rinchiusi, fontane e cortili di cavalli e cavalieri ammaestrati, segni di vita passata.
Il Medioevo è qui. Il serpente ti lascia fare.
L’altare al centro del complesso in cima racconta di quanto importante fosse vivere anche aldilà del mondo terreno e l’obiettivo di raggiungere la torre ormai è a portata di mano. La cappelletta appena visibile nei suoi ultimi resti veglia su di te. Il serpente non si è fatto vivo e tu soddisfatto, affacciato ad uno dei tre finestroni in alto, hai per un attimo la sensazione di essere il padrone della valle.
Qua su l’immaginazione tra il vento è incontrollabile, il fiume sottostante nella tua mente si ingrossa, diventa navigabile. I saraceni sono all’orizzonte e li vedi avvicinarsi in barca mentre i tuoi fedeli prodi preparano oli bollenti, frecce da scaraventargli addosso nascosti tra i merletti appena ricostruiti dalla modernità.
La torre alla tua destra è sicura di se e il serpente resta buono nella legenda, lasciandoti vivere a pieno la sua fortezza. Qui su il mosaico appena attraversato lo senti che deve essere protetto, dai saraceni che vogliono assediarlo, ma soprattutto da chi vuole rendendolo inutilizzabile per le future generazioni. La scalata ti ha reso inconsapevolmente padrone dell’Irpinia e di questa fortezza, che da oggi in poi proteggerai senza rendertene conto, con o senza il serpente a far la guardia, ambasciatore in patria del più grande borgo dell’Alta Irpinia.