E’ notizia di qualche giorno fa che “Invitalia”, l’organismo ministeriale che elargisce contributi per la creazione di nuove imprese e favorisce l’autoimpiego, ha finito i soldi. Niente più contributi a chi vuole fare impresa. Almeno per ora. «Qualora si rendessero disponibili nuove risorse finanziarie – si legge in un breve comunicato dell’organismo statale -, la data dalla quale sarà possibile presentare nuovamente le domande sarà resa nota mediante un nuovo avviso, che sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale almeno sessanta giorni prima del nuovo termine iniziale».
Niente più soldi, insomma. Almeno per i prossimi mesi. Niente più imprese, niente più autoimprenditorialità.
La prima reazione che si ha di fronte a queste notizie è sicuramente di sconforto, sopratutto in chi ha idee e magari voglia di costruire dal nulla qualcosa. La seconda sensazione, invece, è quella che ti fa pensare di scappare il più lontano possibile dove magari una società accolga maggiormente chi ha idee e voglia di fare, chi vuole mettersi in gioco anche se la propria famiglia non ne ha la possibilità. La terza, ed ultima, fa pensare a cosa voglia davvero un paese che fa questa tipologia di scelte in questo momento così difficile.
Sembra chiaro immediatamente che si voglia una sola cosa: uccidere il futuro e puntare sulla crescita del divario tra chi ha di più e chi non ha nulla.
Puntare a distruggere le idee e la voglia di crescere di chi vuole fare qualcosa creandosi un lavoro, cosa che questa società non ti propone e non ti dà.
Si vuole, insomma, distruggere i sogni e creare una società di soldati che abbassino il capo e, nella difficoltà, cancellino le proprie idee e lavorino per il boss politico o non di turno. Insomma uno stato che vuole più soldatini ignoranti che persone pensanti, portando il paese al crollo definitivo.
Sembrano questi, forti segnali di resa, che l’Italia non può permettersi.